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13 Novembre 2023L'uomo che parlava alle statue
di Roberto Weber
La storia di una famiglia, la storia di Trieste.
Il 17 ottobre esce in tutte le librerie L‘uomo che parlava alle statue di Roberto Weber. Un libro intimo che a partire da una storia famigliare, metafora della storia del Novecento, ricostruisce la complessità di una città-mondo come Trieste e delle sfaccettature che caratterizzano un territorio di confine.
Il racconto torna a più riprese nel teatro di piazza Unità, nel luogo simbolo di Trieste in cui si consumano febbrilmente le passioni più brucianti, le finzioni collettive più riuscite, i momenti più drammatici della città e del suo popolo: lì fa ritorno la salma dell’Arciduca Francesco Ferdinando dopo l’uccisione a Sarajevo che scatena la Prima guerra mondiale; lì Benito Mussolini annuncia le leggi razziali; lì nel 1954 Trieste diventa italiana. Giornate epocali, in cui tutti scendono in piazza e la comunità viene attraversata dalla Storia.
Con uno sguardo disincantato e ironico, Roberto Weber rappresenta l’impossibilità di ricomporre i molteplici rimossi della storia e dell’epopea nazionale, entro il tessuto rassicurante di un’unica memoria condivisa.
In questo post Roberto Weber si confida sulle diverse emozioni che lo hanno accompagnato durante la scrittura.
Buona lettura!
“Le piazze sono il nostro forte, come se, per fortuna, per inclinazione, o per sotterraneo fiuto, noi triestini fossimo sempre pronti all’incontro con le grandi torsioni della storia”.
Ci sono libri che mentre li scrivi ti danno gioia, altri che rispondono al desiderio di mettere ordine dove non ce n’è e quando li finisci, magari per un solo un istante, provi l’illusione di esserci riuscito. Infine ci sono libri come questo, in cui nel momento in cui lo senti compiuto, avverti di essere andato oltre.
Mi spiego meglio. L’uomo che parlava alle statue ha preso forma fra il dicembre del 2020 e l’aprile del 2021. Eravamo dunque in piena pandemia, in un tempo sospeso che uno sa quando comincia e non sa quando finisce. Scrivo in larga misura di mattina presto fra le sei e le otto, il sole sorgerà non prima di mezz’ora, c’è silenzio e solo un leggerissimo brusio, se apro la finestra, mi dice che la fuori c’è la città. Se mi affaccio, in fondo, so di trovare un frammento di mare. Mi allungo all’indietro nel tempo e sono alle prese con i morti. Ci devo parlare e devo farli parlare. Poi piano, piano risalirò fino a noi. A spingermi questa volta non è la gioia della scrittura. Me ne accorgo da subito. È come se fossi preda di una silenziosa spirale di costrizione, di uno scomodo ‘dover’ dire, quasi obbedissi ad una voce che è in me, ma al tempo stesso è fuori di me. Infine – curiosamente la data segnata è quella del 25 aprile – riaffioro.
E quando rileggo ho la sensazione di aver ‘trasgredito’. Non so se ne conservate traccia, quando uno trasgredisce, quando uno va oltre quella linea immaginaria o reale che definisce ciò che è lecito dire, fare o scrivere, prova una doppia adrenalinica sensazione: un sapore di euforia condito da una morsa allo stomaco. Provocata dalla paura. E la paura non mente, quasi mai. Ci allerta.
Ha a che fare con l’amigdala, quella zona del cervello che gestisce le emozioni e registra e sedimenta i pericoli e quanto li provoca! Sì anche questo sono i libri, questo sentire di aver attraversato un luogo pericoloso, da cui forse solo i lettori ti aiutano ad uscire.
Roberto Weber
L'autore
Roberto Weber (Trieste, 1952) svolge attività di consulenza sul fronte della comunicazione e del marketing. È stato tra i fondatori dell’istituto SWG in cui ha ricoperto la carica di presidente fino al 2013. Da anni è editorialista del quotidiano “Il Piccolo” di Trieste ed è stato a lungo ospite fisso ad Agorà, programma di informazione di Rai 3, in qualità di sondaggista. Ha scritto Perché corriamo? (Einaudi), nato dalla sua passione per lo sport e I nuovi barbari (Baldini+Castoldi Dalai Editore).
Recensioni
Articoli e recensioni sul libro | in aggiornamento
“Prezioso e anche istruttivo per comprendere questa piccola Babilonia che chiamiamo Trieste” su Primorski Dnevnik a firma Sandor Tence – in sloveno –