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16 Maggio 2024La rotta per Lepanto: il nuovo libro di Paolo Rumiz
In libreria l'8 maggio il racconto di un viaggio in barca a vela
Dalla Serenissima a Lepanto con gli scritti di Paolo Rumiz
Paolo Rumiz, scrittore, giornalista e viaggiatore, amato dai lettori di tutta Italia, torna in libreria l’8 maggio con un nuovo libro “La rotta per Lepanto“, edito da Bottega Errante Edizioni. Andando al ritmo del mare, con la lentezza della barca a vela, Paolo Rumiz ci porta da Venezia e Lepanto a scoprire un Adriatico al centro della Storia.
In “La rotta per Lepanto” Paolo Rumiz ci racconta un viaggio in barca a vela verso Lepanto seguendo le tracce della Serenissima. Al centro della narrazione ci sono gli incontri con uomini e donne di mare, baie solitarie, soste in osterie, marinai di poche parole. E poi ci sono i luoghi: Venezia, gli Arsenali, Parenzo, Pola, il Quarnaro, Lussino, Ragusa, le Bocche di Cattaro, Corfù, posti carichi di storia, di bellezza, di colori e sapori forti. E ancora, i popoli, quelli che evocano immaginari mai sopiti come i morlacchi, i turchi, gli slavi e una terra, quella dei Balcani, appena uscita da una delle grandi tragedie del Novecento.
Un reportage da un mare che guarda a Est, ma che a specchio racconta chi siamo stati, la nostra origine, il senso profondo di un’Europa fatta di genti diverse.
La barca è una casa che si muove. Per cui tu sei contemporaneamente casalingo e al contempo un nomade, quindi una situazione ideale che accomuna due tendenze secolari dell’uomo che sono quella di chiudersi, stare nella tana e quella di essere nomade. Paolo Rumiz
Paolo Rumiz è uno tra i più grandi narratori di viaggio italiani. Negli anni, come ci racconta, ha «lavorato su diversi mezzi di trasporto e con tantissimi tipi di prosa, dalla poesia al saggio. Sono assolutamente non classificabile, eppure mi cercano come ciclista, come velista, come canoista, come camminatore, come esploratore e ognuno crede che io faccia solo quello. Lì ho capito quanto difficile è non sedersi su una formula. Io avrei potuto scrivere libri di bicicletta per tutta la vita, e invece grazie a La Repubblica mi sono obbligato a fare una storia completamente diversa ogni anno».
Nelle prime battute di “La rotta per Lepanto” l’autore dichiara subito di essere un uomo “disperatamente di terra”, ma la voglia di “imbarcarsi in questa avventura” è più forte. Paolo Rumiz ci ha confessato del suo iniziale timore rispetto alla barca a vela: «la barca è una casa che si muove. Per cui tu sei contemporaneamente casalingo e al contempo un nomade, quindi una situazione ideale che accomuna due tendenze secolari dell’uomo che sono quella di chiudersi, stare nella tana e quella di essere nomade. Io ero molto preoccupato di cosa poteva significare per un inquieto, per un nomade, incapace di star fermo come me, di stare recluso in una barca. La barca, invece, mi ha conquistato immediatamente. Il dondolio, il distacco dalla riva, questo senso che già dopo cento metri dal molo tu sei lontano, era impagabile».
Il viaggio per Lepanto raccontato in “La rotta per Lepanto” segue quello verso Istanbul e quello che lo vede attraversare l’Italia in treno. Lo stimolo a partire è arrivato, come ci racconta Paolo Rumiz, «da certe dichiarazioni contro tutto ciò che stava a Oriente. Una tendenza che stiamo scontando ancora oggi. In questo momento stiamo scacciando dall’Italia delle persone, i migranti, che sono vittime di ciò che di peggio noi temiamo. Dovremmo farli nostri, invece li mandiamo via, secondo non so quale criterio e quale umanità. Già allora si sentiva questa tendenza, per cui mi sono detto voglio fare un viaggio dove finalmente racconto che cosa è stato lo scontro di civiltà, tra cristiani e mussulmani. Fin dall’inizio mi è stato chiaro che è ben vero che c’è stata una guerra, ma non è stata lo stillicidio di oggi. Nella battaglia di Lepanto sono morti all’incirca 40 mila uomini in poche ore di combattimento, ma dopo si sono ristabiliti rapidissimamente gli equilibri. Non solo, Venezia ha continuato a tenere rapporti con l’Oriente, gli stessi turchi con cui era in guerra, perché faceva l’Europa senza chiamarsi Europa, faceva quello che oggi non si fa».
La terra è piena di cicatrici, segnate dalla Storia che provocano memoria e quella memoria a loro volta genera tensioni geopolitiche. Ma noi ce ne dimentichiamo. Occuparsi di Lepanto significa occuparsi di una costante storica, dove lo scontro tra due visioni del mondo che non avevano niente a che fare con la religione, erano due interessi. Paolo Rumiz
Una meta quella di Lepanto che sembra quasi mitologica, perché nessuno sa dov’è. Una meta per raccontare uno scontro di civiltà avvenuto 500 anni fa che però sembra ancora attuale perché in qualche modo continuiamo a contrapporre Oriente ed Occidente. Come ci spiega Paolo Rumiz «Lepanto avviene su una millenaria linea di battaglie che separa il mondo mediterraneo di Oriente da quello di Occidente. Quello d’Occidente passa per il canale di Sicilia e poi risale per l’Adriatico che è il punto di sutura. Ci sono delle costanti geopolitiche che non si esauriscono, che non mutano. Noi che oggi non abbiamo più memoria ce ne dimentichiamo, ma è un fatto che la costa Adriatica dei Balcani e più giù verso la Puglia , il canale di Sicilia con dietro Creta e tutte le isole greche sono un luogo di scontro da sempre, fin dall’epoca romana. La geopolitica, è importante ricordarlo, affonda nella Storia ma è un modo di leggere la geografia. La terra non è uno schermo piatto come ci dà l’illusione che sia dal nostro computer, la terra è piena di cicatrici, segnate dalla Storia che provocano memoria e quella memoria a loro volta genera tensioni geopolitiche. Ma noi ce ne dimentichiamo. Occuparsi di Lepanto significa occuparsi di una costante storica, dove lo scontro tra due visioni del mondo che non avevano niente a che fare con la religione, erano due interessi».
Ah, Lepanto. La battaglia navale… Ma dove sta esattamente?, ci chiedono dalla barca accanto. Scende la notte, l’aria è immobile, il cielo brontola attorno a San Marco. Isola di San Giorgio, molo della Compagnia della Vela. Il più bel posto del mondo. Non c’è un turista, ma davanti hai Venezia che luccica dalla Giudecca all’Arsenale. Così andiamo a Lepanto. E Lepanto, come ogni luogo del mito, nessuno sa bene dove sia.
Paolo Rumiz

PAOLO RUMIZ Scrittore e giornalista triestino, inviato speciale del “Piccolo” di Trieste ed editorialista de “La Repubblica”. Esperto del tema delle Heimat e delle identità in Italia e in Europa, dal 1986 segue gli eventi dell’area balcanico-danubiana. Nel 2001 invece segue, prima da Islamabad e poi da Kabul, l’attacco statunitense all’Afghanistan. Vince tra gli altri il prix Bouvier (2015) e la medaglia d’oro per l’impegno europeo assegnato dalla Fördergesellschaft für Europäische Kommunikation. Per BEE ha pubblicato nel 2020 Vento di terra (3 edizioni) e nel 2022 La linea dei mirtilli.