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Il trio di Belgrado di Goran Marković

Lawrence Durrell nella Jugoslavia di Tito tra amore, intrighi e storia

Materiali per un romanzo

Arriva oggi in libreria il primo titolo BEE del 2025:  “Il trio di Belgrado” del regista e scrittore serbo Goran Marković, nella traduzione di Enrico Davanzo.
È il 1948: Tito rompe i rapporti con Stalin, e i sostenitori del dittatore sovietico – veri o presunti – vengono rinchiusi nella prigione perfetta, l’isola di Goli Otok. In questo scenario si muove Lawrence Durrell, scrittore vagabondo e futuro autore del celebre “Quartetto di Alessandria”, che a Belgrado lavora come addetto stampa e spia per conto dell’ambasciata inglese. Durrell scopre più di quanto dovrebbe e viene trascinato in una rete di segreti, conoscendo Vera, la sua insegnante di serbo-croato, e il marito di lei, il generale Bora Tankosić, fedele a Stalin e prigioniero a Goli Otok. Lettere private, pagine di diario, messaggi in codice, verbali di polizia, comunicazioni strettamente riservate e articoli di giornale danno vita a un affresco storico nel quale la commistione tra realtà e invenzione letteraria restituisce il clima di sospetto e violenza degli anni Cinquanta in Jugoslavia.
Già candidato al prestigioso Premio NIN 2018, “Il trio di Belgrado”  è una lettura imperdibile per chi ama i romanzi storici e le spy story letterarie.

TRIO DI BELGRADO, Goran Marković, traduzione Enrico Davanzo, Bottega Errante Edizioni

È il 1948 quando Tito rompe i rapporti con Stalin e tutti gli stalinisti in Jugoslavia, veri e presunti, vengono rinchiusi nella prigione perfetta: l’isola di Goli Otok. È in questi anni che lo scrittore vagabondo Lawrence Durrell, futuro autore del raffinato Quartetto di Alessandria, sbarca il lunario come spia per conto dell’ambasciata inglese a Belgrado e finisce per scoprire ciò che non deve.
Lettere private, pagine di diario, messaggi in codice, verbali di polizia, comunicazioni strettamente riservate e articoli di giornale danno vita a un affresco storico nel quale la commistione tra realtà e invenzione letteraria restituisce il clima di sospetto e violenza degli anni Cinquanta in Jugoslavia.

Il mio incontro con l'opera del regista e scrittore Goran Marković.

Di Enrico Davanzo, traduttore dal serbo

«Tradurre un libro è sempre un’impresa, un viaggio, un’avventura, soprattutto quando si tratta di un libro come Il trio di Belgrado. Il romanzo di Goran Marković mescola invenzione e realtà storica attraverso una fitta rete di collegamenti intertestuali: la sua trasposizione in italiano perciò non si è limitata alla semplice individuazione di equivalenti linguistici, ma si è trasformata nell’effettiva ricerca di tutti quei documenti e romanzi citati dall’autore. 

Esplorare i meandri delle biblioteche di Trieste in cerca delle dichiarazioni ufficiali, ormai consunte e ingiallite, con cui i partiti comunisti di Unione Sovietica e Jugoslavia nel 1948 informavano i compagni italiani del perché si fossero scomunicati a vicenda; sfogliare tutti i romanzi del Quartetto di Alessandria, le lettere e la biografia di Lawrence Durrell nelle sale di lettura della Marciana di Venezia e dell’Archiginnasio di Bologna per afferrare la vera personalità dello scrittore; rileggere le memorie degli ex prigionieri (anche italiani) di Goli Otok, che dopo decenni di silenzio trovavano la forza di raccontare; passeggiare per le vecchie strade del centro di Belgrado, non ancora intaccate dai nuovi piani urbanistici, per cercare di capire dove avessero vissuto i vari personaggi e discutere con l’autore in persona di ciò che l’ha spinto a scrivere questo romanzo…

Questi sono i ricordi che più mi legano a questa particolare traduzione.
Il libro di Marković mi ha seguito ovunque negli spostamenti di quest’anno: Roma, Anzio, Pescara, Belgrado, Londra, Columbus. Ogni volta che rileggo i vari capitoli rivedo i volti delle persone che mi circondavano in quei momenti, e con le quali mi sono costantemente confrontato: amici, familiari, colleghi più esperti, professori, coinquilini che di volta in volta confermavano le mie scelte linguistiche. Nel mosaico di voci su cui si basa il romanzo risuonano quelle di tutti loro».

Rassegna stampa

“Quello che stiamo per leggere appare a tutti gli effetti un’opera di finzione dove si mescolano corrispondenze tra diplomatici, brani di un diario, un sacco di lettere scritte da una ragazza, rapporti della polizia, certificati di nozze e biglietti di viaggio, messaggi cifrati di spie e ricevute per l’equipaggiamento fornito in dotazione – di che materiali si tratta? Sono veri o sono falsificazioni narrative? [Il protagonista, lo scrittore Lawrence] Durrell, non tarda a mostrarsi per quello che è: un indisciplinato e spavaldo osservatore dell’umanità, che mette nei guai l’ambasciata inglese con le sue intemperenze, si innamora dell’insegnante di serbo-croato e finisce dentro al collo in uno dei capitoli più tragici della storia jugoslava dopo la Seconda guerra mondiale. La scrittura di Marković è scanzonata ma si fa seria, nuda come l’isola, quando Goli Otok diventa il cuore del libro. Il lager spaventoso, dove i principali aguzzini erano gli stessi detenuti. La voce è potente e dolce come quella di un prigioniero murato nella buca di Petar, il luogo più terribile del lager, che appoggia le labbra a una fessura e canta L’Internazionale per rincuorare i compagni. Marković ci ha consegnato anche una grande lezione sul potere della letteratura: la verità ha bisogno dell’immaginazione per restare viva e a volte l’invenzione può essere la testimonianza più attendibile.” Federica Marzon, Tuttolibri

Foto di Nikola Aleksic su Unsplash

Goran Marković

Goran Marković, autore, Bottega Errante Edizioni

Marković si tuffa in una delle ferite aperte del nostro passato, per molti un inferno familiare che ha lasciato la traccia profonda di una disgrazia collettiva e una gran confusione ideologica. Oslobođenje

GORAN MARKOVIĆ (Belgrado, 1946). È tra i più importanti registi del cinema serbo ed ex jugoslavo. Figlio d’arte, si è formato artisticamente a Praga presso la FAMU e a partire dai tardi anni Settanta si è fatto notare con una serie di film provocatori e visionari che attraversano la crisi del socialismo jugoslavo, i conflitti degli anni Novanta e gli anni del dopo-Milošević. Attivo anche come drammaturgo e sceneggiatore, ha ottenuto svariati riconoscimenti internazionali e nel 2012 è stato insignito del titolo di Ufficiale dell’Ordine delle arti e delle lettere della Repubblica francese. Autore di tre romanzi, con Il trio di Belgrado è stato candidato al premio NIN 2018 per il miglior romanzo dell’anno in lingua serba.

Enrico Davanzo, traduttore Bottega Errante Edizioni

ENRICO DAVANZO (San Donà di Piave, 1994). Si è laureato in Lingua e letteratura serbo-croata e russa presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. I suoi interessi di traduzione e ricerca, legati alle culture e alle letterature dello spazio ex jugoslavo, vertono prevalentemente sulla produzione di autori contemporanei. Per BEE ha tradotto La Nuova Gerusalemme di Borislav Pekić.