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Breve storia sentimentale dei Balcani, di Angelo Floramo, Bottega Errante Edizioni

Breve storia sentimentale dei Balcani

Valutato 5.00 su 5 su base di 1 recensioni
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Mi piacerebbe che il libro conservasse in parte la magia di quei fantasmi sgranati, che con il tempo hanno preso ad assomigliarmi. O io a loro, piuttosto. Sempre più barbuto, malinconico, sanguigno e vagabondo. Sempre più balcanico. Ecco, quello che sono diventato in tanti anni. E dunque sia.

 

Autore: Angelo Floramo
Collana: Camera con vista / 45
Anno: 2024
Formato: 13×20
Pagine: 256
ISBN: 9 791255 670339

Leggi l’estratto.

Disponibile in ebook.

COD: 9 791255 670339 Categorie: balcani, bestseller, Bottega Errante Edizioni, collana camera con vista, confini, nord est, novità, sarajevo, viaggio Tag: Angelo Floramo balcani bestseller Europa frontiere popoli premio nonino storia dei Balcani storia sentimentale dei Balcani
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La storia di una parte d’Europa complessa, stratificata, eppure al centro di tutto. Sentimentale perché non è un trattato, ma una narrazione soggettiva, intima, di che cosa sono e che cosa rappresentano i Balcani. Breve perché non vuole essere esaustiva ma regalare al lettore suggestioni, immaginari e passioni. Floramo parte per un viaggio che esplora in profondità le geografie, le anime, la Storia attraversando il confine orientale per addentrarsi nella terra balcanica che sconfina verso gli Urali, segue il Danubio, parla le lingue di Sarajevo. Interroga le fonti più antiche, narra le vicende dei Turchi, dei Veneziani, degli Uscocchi, giunge fino ai giorni nostri dove insegue le utopie, osserva i ponti, piange con le donne di Srebrenica.
Come spesso accade nelle storie di Floramo e in quelle che riguardano i Balcani, il lettore si trova a mangiare, ridere, disperarsi, sognare, bere, fumare, danzare. Insomma, vivere.

Angelo Floramo, autore Bottega Errante Edizioni

ANGELO FLORAMO Nato a Udine nel 1966, insegna Storia e Letteratura al Magrini Marchetti di Gemona ed è ancora convinto che malgrado tutto sia il mestiere più bello del mondo. Medievista per formazione, ha pubblicato molti saggi e articoli specialistici, collabora con diverse riviste nazionali ed estere; dal 2012 collabora con la Biblioteca Guarneriana di San Daniele del Friuli in veste di consulente scientifico. Per BEE ha pubblicato Guarneriana Segreta (2015, finalista al premio Latisana Nordest), L’osteria dei passi perduti (nuova edizione 2024), La veglia di Ljuba (2018, Premio Palmastoria come miglior romanzo storico), Il fiume a bordo (2020), Come papaveri rossi (2021, Premio Fiuggi Storia), Vino e libertà (2023, selezione Premio Vermentino), Breve storia sentimentale dei Balcani (2024) e Vita nei campi (2025). A gennaio 2024 è stato insignito del prestigioso Premio Nonino Risit d’Aur.

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Peso 0,1 kg
Dimensioni 13 × 2 × 20 cm

1 recensione per Breve storia sentimentale dei Balcani

  1. Valutato 5 su 5

    Molfy – 9 Agosto 2024

    In occasione dell’uscita della nuova edizione de L’osteria dei passi perduti, Paolo Rumiz così scrive: “Se ad Angelo Floramo proponi di scrivere un libro e di bere un buon calice di vino, lo carichi come una fionda. E allora lui, di notte, perché è un animale che preferisce la quiete del buio, scrive, dialoga, galoppa, viaggia, vive. Da qui nascono le storie di questo libro, che vanno lette come se fossimo tutti insieme intorno a un tavolo di una vecchia osteria o di un’osmiza del nostro Carso.” (dalla pagina Facebook di Bottega Errante Edizioni)
    Si può certamente dire altrettanto per Breve storia sentimentale dei Balcani, con l’avvertenza, per quanti si apprestassero a leggerlo, di fare attenzione a non macchiarsi la camicia di sugosi schizzi dei saporiti intingoli che accompagnano le scorribamde dell’autore, inzuppando parole e pagine come fossero pane per fare scarpetta.
    Orsù, dunque, ché “Il fegato non ha nulla a che fare con il coraggio, semmai con la cipolla.” (pag. 88)
    E, prego, astenersi astemi.
    Accostarsi a un libro di Floramo è un’esperienza a tutto tondo, avvolgente, tale da inebriare i sensi evocando odori, sapori, paesaggi e sensazioni. Sfogliare le pagine è come affrontare un viaggio: arrivi in fondo e ti accorgi di avere le scarpe impolverate dal cammino e nello zaino qualche cartolina di scorci suggestivi, un souvenir che, sì, finirà in un cassetto, ma salterà fuori inaspettato a risvegliare ricordi. A rovistare con cura, probabile che spunti anche un mezzo toscano nascosto da Angelo in attesa del momento opportuno per fumarlo.
    Pare ne lasci ovunque: tra i libri della sua personale biblioteca, tra i vasi dei geranei sull’uscio di casa, nelle tasche di giacche e calzoni…. Non saprei dire se come piscio di gatto a marcare il territorio o piuttosto al pari di briciole per ritrovare – novello Pollicino – la strada del ritorno. Sì, perché il nostro ha una certa tendenza a smarrirsi ed è più una condizione dell’anima che una questione di orientamento.
    Nel suo vagabondare, Angelo si lascia così ammaliare dal fascino innato di creature femminili che, con la naturalezza di gesti del tutto scevri da qualsiasi volgarità, immancabilmente lo seducono mettendone a prova la rettitudine. Alcune immagini sono pennellate di puro erotismo, dentro il quale tuttavia ho intravisto una sorta di allegoria, come se quel femmineo che risveglia i sensi rappresentasse la seduzione della cultura, o della libertà. O della libertà della cultura. O forse niente di tutto questo, e la sensualità è da intendersi per ciò che è: “Per me la scrittura o si intride di fisicità o non vale la pena del disturbo.” (pag. 5)
    È un gran bel personaggio, Floramo. Sembra davvero uscito dalla penna di un abile autore (lui stesso) e, in effetti, nel raccontare questa Breve storia sentimentale dei Balcani, ci si mette dentro, si fa protagonista e non solo narratore, svelando molto di sé scegliendo un taglio autobiografico e intimistico al punto che il libro potrebbe anche intitolarsi Breve storia sentimentale di un figlio dei Balcani. Lo fa in modo ironico, senza mai prendersi troppo sul serio, con l’intelligenza e l’umiltà di chi sa che nella vita non si è mai “arrivati”, né sapienti.
    È curioso, pronto all’ascolto, girovago per costituzione. L’erranza come marchio di fabbrica, la viandanza come lascito del padre che “Si era fatto profugo, condannato dallo Storia allo stato di apolide. Come l’olandese volante o l’ebreo errante. Uno zingaro senza carrozzone, insomma. Un nomade del ricordo al quale avevano rubato la speranza del ritorno.” (pag.171)
    Un uomo di frontiera che mal digerisce i confini tracciati sulle mappe, le barriere erette a segnare dei distinguo tra un di qua e un di là: “Fin da bambino ho sempre trasgredito alla regola di rispettare i margini. I colori dei miei pastelli vincevano, alla fine, e dilavavano ovunque, ben oltre i profili assegnati.”
    Un tipo fuori le righe, non c’è che dire.
    Che la storia dei Balcani narrata in queste pagine sia anch’essa poco convenzionale, lo si può intuire dall’Intro (Quasi una chiave di lettura), in cui l’autore traccia le tappe del suo viaggio, non affidandosi – come ormai appare chiaro – a coordinate geografiche, quanto ad appunti del cuore, reminescenze gustative, conoscenze sedimentate per studio o esperienza diretta.
    “Certo non parlerà di eserciti e di generali, di strategie militari e di trattati, se non marginalmente. Ha l’ambizione di essere una storia di popolo. Quelle che si incarnano nei paesaggi rurali, o ristagnano nei bassifondi delle città multietniche. […] Tutto assume una vibrazione diversa dentro al perimetro di queste geografie matte che mi accingo a scarabocchiare […]” (pag. 6)
    È una storia che parte dal basso e affonda le radici nella Terra che da sempre e ovunque è Madre, perché nutre e dà vita. Come anche le osterie, d’altro canto. Quelle rustiche, ove i termini “analcolico” e “magro” sono banditi, e la cui cucina genuina descrive l’identità delle genti più di qualsiasi trattato etnografico.
    Luoghi e modi che paiono lontani, e per questo preservati dalla corrosione della massificazione, degli standard di qualità (?) che appiattiscono i livelli a un profilo sempre uguale, ripetitivo, atteso e quindi scontato, artificioso.
    Qui appare tutto vivo e vero. Lo spazio dei ricordi è dilatato, il tempo è quello lento di chi percorre la lunga distanza, del pellegrino che cammina verso il sacro, con i suoi riti, le devozioni e gli incontri.
    È un libro che merita attenzione e un blocchetto per prendere nota della Bellezza.

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