
Visionario e militante: Lusitania
22 Ottobre 2025
Spomenik
Un viaggio nel tempo e nello spazio alla ricerca delle tracce della Jugoslavia
Non esiste un unico modo di onorare la memoria di chi ha perso la vita difendendo la libertà di tutti. In Jugoslavia ne trovarono uno grandioso, legato all’arte astratta, futurista, al cemento, alle forme insolite, ai luoghi ameni e particolari: gli spomenik. Monumenti che, più che ricordare il passato, guardavano ostinatamente al futuro.
Gianni Galleri, viaggiatore e narratore curioso, in Spomenik accompagna il lettore lungo un percorso che tocca Slovenia, Croazia, Bosnia ed Erzegovina, Serbia, Montenegro, Macedonia del Nord, Kosovo e Italia. Un itinerario sorprendente, fatto di storie di architetti e comunità, di memorie collettive e individuali, di identità perdute e nostalgie.
Gli spomenik diventano così il punto di partenza per raccontare un’intera geografia culturale e sentimentale, quella di un Paese che non c’è più ma che continua a vivere nel cemento e nei ricordi.
Un viaggio che unisce memoria, architettura e paesaggio, alla scoperta di monumenti unici al mondo: Spomenik di Gianni Galleri (Bottega Errante Edizioni), con la postfazione di Eric Gobetti e le illustrazioni di Federica Moro, sarà disponibile in tutte le librerie dal 22 ottobre.
Ed eccolo, siamo di fronte a una sorta di enorme asterisco, una navicella spaziale atterrata da un luogo lontano, forse dal futuro. Gianni Galleri
ARCHITETTURE DELLA MEMORIA – La traduzione letterale di spomenik è “monumento”, ma come ci spiega Gianni Galleri: «prendendo in prestito dal serbo-croato questo termine lo connotiamo con tutta una serie di significati ulteriori. Ovvero con spomenik intendiamo tutta una serie di opere commemorative della Seconda Guerra Mondiale che sono atterrate, o forse costruite, in Jugoslavia fra la fine dei Sessanta e gli Ottanta. Sono incredibili per il nostro gusto commemorativo, fatto di colonne e steli. Ma rompono anche con la scultura figurativa sovietica. Sono qualcosa di davvero mai visto, per forme e dimensioni. In più spesso si trovano anche in luoghi naturalisticamente stupendi, lontani dalle grandi città, nei teatri delle più cruente battaglie».
Spomenik ha un taglio narrativo che lega memoria, paesaggio e viaggio. Gianni Galleri ci spiega come ha tenuto i vari elementi insieme: «Non è stato semplice, ma volevo che rimanesse chiara la mia voce, ovvero quella che parlava del viaggio. Poi ho cercato di dare spazio anche alla memoria – sia quella collettiva, che quella individuale di chi ha un legame con questi “mostri di cemento”. Rimane poi il paesaggio, che è sullo sfondo, che però è forse l’aspetto che tiene insieme tutto, è un paesaggio jugoslavo, perché è la Jugoslavia la vera protagonista di questo libro, o almeno quello che ne resta».
BOGDAN BOGDANOVIĆ – Il libro parla molto di architettura e di architetti. Gianni Galleri ci racconta la figura di uno degli architetti più noti Bogdan Bogdanović e come veniva commissionati i progetti: «Bisogna pensare che questi monumenti non arrivavano quasi mai per decisione del potere centrale, ma nascevano dalla necessità degli abitanti del luogo o degli ex combattenti che chiedevano qualcosa che ricordasse i caduti o una vittoria. A quel punto veniva indetto un concorso al quale ci si poteva iscrivere, o si veniva direttamente inseriti fra i partecipanti. Si presentava un progetto che doveva anche tener conto del budget a disposizione e poi la commissione sceglieva. Una volta vinto l’incarico non rimaneva altro che mettersi a lavoro.
Tra i vari architetti spicca il nome di Bogdan Bogdanović che è senza dubbio il mio architetto preferito. La sua storia non ha eguali fra i protagonisti di questo libro e anche chi l’ha conosciuto personalmente mi ha parlato di una persona magnifica. Le sue opere poi venivano da un altro mondo, erano delicate, gentili e bellissime. La (ex) Jugoslavia è disseminata dei suoi spomenik. C’è una sorta di costellazione che lega ancora più strettamente il paese che fu: da Mitrovica, passando per la Serbia, su fino a Jasenovac. Bogdanović è stato uno dei più grandi cantori della Jugoslavia e l’ha fatto con il cemento. Trovo incredibile che sia dovuto morire in esilio e che le sue spoglie mortali abbiano trovato dimora con difficoltà nella sua Belgrado».
GLI SPOMENIK PRESENTI IN ITALIA – Gli spomenik non sono presenti solo in Jugoslavia, ma anche in Italia, ad esempio a Barletta e Gonars in Friuli Venezia Giulia dove ricorda le vittime del locale lager fascista per civili sloveni e croati. Galleri ci spiega questa dislocazione: «L’Italia e la Jugoslavia sono sempre state più vicine di quanto si possa pensare. C’era da dare una degna sepoltura a chi aveva – anche nel nostro paese – combattuto per la libertà. Così, quando i rapporti fra i due paesi si normalizzarono (dopo tutto eravamo comunque su due lati differenti della storia) si pensò di costruire questi quattro spomenik anche nel nostro paese. Andandoli a conoscere sono emerse storie commoventi e ho avuto il piacere di incontrare persone che per fortuna hanno deciso di prendersi cura di questo cemento così prezioso. Di questo sono molto grato».
Tra i tanti spomenik visitati abbiamo chiesto a Galleri di raccontarci quello a cui si sente più legato: «Ci sono tanti spomenik ai quali mi sento legato in qualche modo. I volti spaventati (o sorpresi) della necropoli di Smrike a Novi Travnik, opera – ovviamente – di Bogdanović, mi proiettano ogni volta in un mondo altro che mi scuote e mi emoziona. Le ali di Sutjeska mi tagliano il respiro e mi fanno sentire le vertigini. Però se proprio dovessi sentire mio uno di questi monumenti ti direi che quello a cui sono più intimamente legato è quello dedicato a Ivan Goran Kovačić a Lukovdol. È un’opera piccola, ma nasconde una quantità di storie, di intrecci, di vite che mi ha travolto. Un posto idilliaco con il fiume non molto lontano, un monumento lucente, potente, che ricorda la morte di un grande uomo e allo stesso tempo evoca la vita e l’arte del suo creatore. Non dico di più, trovate tutto nel libro».
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GIANNI GALLERI (1983) Grande appassionato di viaggi, di calcio e di paesi che non esistono più. Può rimanere interi minuti in contemplazione di un monumento di cemento, atterrato chissà come su quella che un tempo era la Jugoslavia. Già autore di diversi reportage, ha al suo attivo collaborazioni con molte testate e siti italiani, come Meridiano 13 (di cui è fondatore) e Sport People. Ha realizzato podcast e documentari sull’Europa dell’Est e i Balcani. Tra i suoi libri: La città del football; Curva Est; Questo è il mio posto per Urbone Publishing; Pašić. Predrag difende Sarajevo per Garrincha Edizioni. Con Bottega Errante Edizioni ha pubblicato Balkan Football Club.
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