Figlio di papà: la voce originale di Dino Pešut
19 Marzo 2024Il sole non bagna Napoli: un’intervista a Antonella Cilento
9 Aprile 2024Sarajevo nel cuore di Bottega
La città di Sarajevo protagonista di libri, podcast, mostre
Sarajevo: città affascinante, complicata, misteriosa eppure narrata da decine di scrittori e scrittrici che vivendola sono rimasti impigliati nella sua atmosfera. Da Sarajevo comincia anche la storia di Bottega Errante e alla città ritorniamo sempre nei momenti di svolta della casa editrice. Dalla nuova edizione de I buchi neri di Sarajevo di Božidar Stanišić al ritorno di Le Marlboro di Sarajevo di Miljenko Jergović, la città ci ha stupito ancora in Me’med, la bandana rossa e il fiocco di neve di Semezdin Mehmedinović che è stato libro della settimana sul New York Times. Abbiamo onorato il trentennale della fine dell’inizio dell’assedio di Sarajevo con il nostro primo libro fotografico e la mostra Shooting in Sarajevo, di Luigi Ottani, a cura di Roberta Biagiarelli e con testimonianze d’eccezione. Per Capire la Bosnia di Cathie Carmichael abbiamo inaugurato la collana metamorfosi e con Blokada. Sarajevo, la civiltà sotto assedio di Andrea Baudino e Giuseppe Modica è cominciata la meravigliosa avventura dei podcast della Pecora.
Nel giorno in cui la città festeggia la sua resilienza, vogliamo omaggiarla con una selezione tra le tante narrazioni che abbiamo dedicato a Sarajevo in questi anni, in attesa di quelle che pubblicheremo in futuro…
Buona lettura!
Partire o ritornare a Sarajevo
Semezdin Mehmedinović
Me'med, la bandana rossa e il fiocco di neve
Potente, allo stesso tempo profondo e affascinante. Francine Prose, New York Times.
Dalla sua cintola dondola un mazzo di chiavi. Qualcosa di già visto qui in America, per lo più tra i ragazzi latinoamericani, le chiavi penzolano dalla cintola come un addobbo. Curioso. Ricordo che da piccolo si trascinava dietro una sfilza di chiavi, cercava di sbloccare serrature, quelle che incontrava nella sua infantile, traballante camminata. Mi interesso delle sue chiavi e lui me le mostra una a una, fino a quando non arriviamo a quella che d’un tratto diventa la più importante: «Questa è la chiave dell’appartamento di Sarajevo».
A tre anni se ne andava in giro con un mazzo di chiavi per il grande parcheggio del nostro palazzo e cercava di aprire le portiere. Lui tutto orgoglioso di essere riuscito ad aprire il bagagliaio di una Lada, io che lo avvolgevo in un abbraccio per allontanarlo dal grosso e baffuto proprietario della macchina che si era subito innervosito…Lui che conserva ancora la chiave dell’appartamento di Sarajevo.
Il popolo del diluvio
È un partire e tornare, il romanzo filosofico di Predrag Finci, ma è anche un emergere dalle nebbie della perdita al tepore della felicità. Maria Bettetini
All’aeroporto di Sarajevo il doganiere mi saluta in inglese e io automaticamente in inglese rispondo, ma mi correggo subito. Mi manda allo sportello per gli stranieri. Compilo il modulo. «Luogo di nascita: Sarajevo». Nessuno mi aspetta, al collo non porto nessuna chiave. L’appartamento dei miei genitori è stato dichiarato “abbandonato”, anche se io vi risulto residente e – qui sta il guaio– sono ancora vivo. Sono abituato al fatto che o lo stato o la famiglia mi sollevino dal peso della proprietà. Cerco di convincermi che è meglio essere rapinato che essere un rapinatore. E che non c’è maggior ricchezza della vita.
Io vivo a Londra, mia sorella a Vienna, mio figlio all’Aja (una volta che l’ho detto al caffè, un tale ha scostato la sua sedia, e allora ho aggiunto subito: «Lavora là»), i miei parenti sono morti o dispersi per il mondo. Ci sforziamo di mantenerci in contatto tramite internet. Non mi stupisco neppure quando nella mia città natale mi dicono che sono un ospite.
Predrag Finci
Fotografare Sarajevo
Shooting in Sarajevo
All’inizio di aprile a Sarajevo ci furono le prime vittime. Così abbiamo saputo che i cecchini e l’artiglieria erano già posizionati sui monti intorno alla città. Azra Nuhefendić
Luigi Ottani e Roberta Biagiarelli hanno iniziato a lavorare a questo progetto nella primavera del 2015. L’idea è stata quella di fotografare-shooting Sarajevo dagli stessi luoghi dai quali i cecchini tenevano sotto assedio la città e i suoi abitanti venticinque anni fa. Gli appartamenti di Grbavica, l’Holiday Inn, la caserma Maresciallo Tito, le postazioni di montagna sono divenuti il punto di vista ideale per perdersi nella mente di chi, da quegli stessi luoghi, inquadrava per uccidere. Sono stati giorni di attese, di passaggi di persone, uomini donne bambini, aspettando che il soggetto, ignaro, arrivasse al centro del mirino per fotografarlo shooting. Nel progetto gli autori si sono avvalsi dell’amichevole complicità di due sarajevesi d’eccezione: Azra Nuhefendić e il generale Jovan Divjak, oltre che del giornalista-scrittore Gigi Riva, cittadino onorario di Sarajevo, dello storico Carlo Saletti e del fotoreporter Mario Boccia. Da una finestra del quinto piano dell’albergo Holiday Inn il 6 aprile 1992 sono stati sparati i primi colpi sui civili. Da quella stessa finestra il generale Divjak ha fotografato una donna con un cappotto rosso, regalandoci così uno scatto per questo progetto condiviso.
Raccontare Sarajevo
Il padre
Sono indimenticabili, come riprese da un film in bianco e nero, le descrizioni di quel luogo che diventa anche un simbolo di un tempo, prima di una guerra devastante. Fulvio Panzeri, Avvenire
Non so come fosse nelle altre parti della Jugoslavia, ma in Bosnia, a Sarajevo, negli anni Ottanta contava ancora come si erano comportati i parenti stretti durante la lotta di liberazione nazionale e la rivoluzione socialista. E così, quando alla fine del 1986 venni convocato per un colloquio informativo dal Servizio di sicurezza nazionale, una delle domande principali su cui insistettero gli ispettori – uno gentile, l’altro rude – riguardava le mie due prozie, emigrate in Argentina, e la nonna Štefanija, condannate per attività nemica. Questa era la mia colpa metafisica o ereditaria, mentre quella reale consisteva nel fatto che avevo partecipato al compleanno di un’amica durante il quale, oltre ad altre bizzarrie, sui cracker erano state disegnate delle croci uncinate con la maionese. Tra quei cracker e il tempo in cui mia nonna, all’apice delle forze vitali, aveva legato l’anima al poglavnik erano trascorsi quarantacinque anni. Ciò nonostante gli ispettori collegarono le due colpe, l’una ereditata geneticamente e l’altra piuttosto nebulosa…
Miljenko Jergović
Blokada. Sarajevo la civilità sotto assedio
il podcast di Andrea Baudino e Giuseppe Modica
Un’autentica dichiarazione d’amore a una città complessa e straordinaria. Anna Piuzzi
“Blokada. Sarajevo, la civiltà sotto assedio” è un podcast dedicato al lungo e feroce assedio che Sarajevo ha subito fra il 1992 e il 1996. A Sarajevo è la civiltà ad essere stata presa d’assedio. Più che alla conquista della città, gli assedianti puntarono alla distruzione di una comunità multietnica coesa e integrata. Ma la comunità resiste e Blokada racconta come.
I buchi neri di Sarajevo
Paradossalmente è stata proprio la guerra l’ultimo momento in cui Sarajevo ha espresso la sua secolare vitalità di città-serraglio in bilico fra i mondi. Paolo Rumiz
È la pura verità: Bodo, un parente di mio padre che viveva a Sarajevo, aveva due donne. Zaga, la moglie legittima, ha creduto fino alla fine alle parole del marito: «Pepa è mia zia». Giustificava il fatto che Pepa fosse più giovane di lui di ben sette anni con la grande differenza di età tra lo zio più giovane e quello più anziano. E Pepa? Sapeva che Bodo era sposato e sapeva anche che la presentava alla moglie
come propria zia. Quando veniva da noi a Visoko, i miei genitori e mia nonna avevano ritegno a parlare con lui di questo argomento. Se veniva affrontato, anche solo in senso generale, allora Bodo guardava mio padre negli occhi, lo prendeva per il braccio e diceva: «Siamo parenti… Quando eravamo piccoli, o beata infanzia, dividevamo il pane fra di noi… Tu mi conosci, io ti conosco… Se è così, allora sai bene quanto mi rattristi il fatto che il mondo sia pieno di persone sole, specialmente di donne sole. Non è forse vero che il mondo è più bello se c’è anche un’unica persona sola in meno?»
Božidar Stanišić
Se vuoi approfondire, non puoi perdere:
-
Capire la Bosnia ed Erzegovina di Cathie Carmichael
-
Capire i Balcani Occidentali, di Giulio Gipsy Crespi, Giorgio Fruscione, Alfredo Sasso, Giustina Selvelli, Marco Siragusa, con la prefazione di Marina Lalović; a cura di Martina Napolitano
-
Capire la rotta balcanica, di Lorenzo Tondo, Luigi Tano e Marco Siragusa, con la prefazione di Roberto Saviano; a cura di Martina Napolitano