Genova fuori rotta
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12 Maggio 2023Nebbia e chiaro di luna di Meša Selimović
Romanzo inedito di un classico del Novecento
Il 28 marzo arriva in libreria la prima traduzione in italiano di Nebbia e chiaro di luna di Meša Selimović, uno dei più importanti scrittori dell’area balcanica. Un romanzo breve che racconta la guerra partigiana jugoslava dal punto di vista dei giovani che la combattono e su come la Storia influisca sulle loro vite personali fatte di aspirazioni, desideri, incomprensioni, primi amori.
La campagna serba è attraversata da truppe di giovani volontari che raggiungono il fronte per respingere gli occupanti nazisti. La casa di Ljuba e Jovan diventa rifugio per i feriti e per le truppe a riposo. Un giovane partigiano colpito viene affidato alle cure di Ljuba: l’incontro risveglia nella donna il ricordo dell’amore per Srećko, un ragazzo di città, e con esso il desiderio di una vita diversa, lontana dalla campagna. Il desiderio si tramuta in fuga ma la guerra è l’unica realtà nelle vite dei giovani protagonisti.
Nebbia e chiaro di luna ha una narrazione intensa, ricca di dialoghi taglienti e di riflessioni sull’inutilità della guerra, sulla libertà, sui legami. Un romanzo dove memorie e silenzi abitano le notti trascorse in attesa di un cambiamento che tarda a venire.
Mio zio Jedin se n’è andato presto, in un giorno di primavera del 2018. Tre anni più tardi, nella libreria della casa dei miei genitori ho ritrovato un grosso tomo color porpora, contenente una selezione di opere di Meša Selimović: un regalo degli zii fatto a mio papà anni prima, nel 2013. Lo avevo preso in mano poche volte fino a quel momento, tutte precedenti a quell’aprile del 2018.
Nel frattempo, però, quella selezione di opere aveva assunto un valore simbolico: era diventata un oggetto del ricordo. E attraverso il ricordo sono tornato a sfogliarne le pagine: Il derviscio e la morte, La Fortezza e poi Nebbia e chiaro di luna. Era un romanzo breve che non conoscevo, che non mi diceva molto, la cui prima pagina, però, attirava l’attenzione per una prosa spregiudicata e non convenzionale. E ho iniziato a leggere. E la storia era bella e la prosa ancora di più. E arrivavano a distanza di poche pagine tante riflessioni generali, tanti flussi di pensieri e tante descrizioni del paesaggio, sparse tra le righe del testo, che smuovevano qualcosa dentro di me. Avevo voglia di parlarne, di condividerle e di farle sentire a chi mi circondava. E chi mi circondava era prevalentemente italofono. E il libro non era mai stato tradotto nella nostra lingua. Da lì l’idea, grazie anche alla spinta di Martina Napolitano (curatrice di Meridiano 13), di provare a tradurre una parte del testo e proporla a Bottega Errante, che presto mi ha dato la grande possibilità di lavorare su un’opera che credo sia passata abbastanza ingiustamente sottotraccia sia nell’opinione pubblica jugoslava degli anni Sessanta, che non l’ha particolarmente apprezzata, sia nello spazio letterario in lingua italiana, dove ha vissuto prevedibilmente all’ombra delle maggiori opere dello scrittore di Tuzla.
Ne hanno scritto e ne scriveranno:
- Su Andergraund Federica Florio